giovedì 9 agosto 2012

Il bandito dai capezzoli rosa


Horst era follemente innamorato della vita, così amava la buona tavola e il vino buono, il computer, la musica, l'arte, il cinema, la comicità, i fumetti, la letteratura anche erotica, la pornografia (se non c'era altro di meglio), gli animali in particolare i cani e gli uccellini e i fiori e il mare... cercava immediatamente un contatto fisico, un abbraccio, dove fondersi con il corpo e con la vita di un'altra persona... e mai e poi mai avrebbe voluto diventare un martire, una vecchia icona arrugginita, uno dei tanti anarchici da celebrare con qualche "grigliata commemorativa" come le chiamava lui... la cosa più fastidiosa a cui siamo stati costretti ad assistere, è stata questa seriosità forzata e quest'atteggiamento giudicante magari nascosto sotto un sorriso imbarazzato, questo non volergli riconoscere di avere dei "vizi" come tutti gli umani, come tanti compagni che si buttano a fumare, a bere, fino a spappolarsi il fegato e il cuore... si è tanto blaterato dopo la sua morte in alcuni piccole parrocchie bolognesi vicine al nostro mondo, di come spendeva i suoi soldi, di quanto stipava il carrello del supermercato, di quanta esagerazione c'era nel suo modo di raccontare le sue imprese erotiche a sessant'anni, di quanto ridevamo, di quale fosse il ruolo della bionda che non cercava di redimerlo, di salvarlo, ma che forse lo sfruttava perché si sa, le donne molto più giovani sono stupide, sono avide, sono interessate solo ai soldi e infatuate del personaggio, e poi ti fanno perdere la testa. Tutte cazzate che ci siamo dovuti sorbire, e aveva ragione ancora una volta quando mi metteva in guardia: "Se dovessi mancare, per te sarebbero guai seri, sei il capro espiatorio ideale per certe piccole teste". Bene è avvenuto proprio così, e anche peggio. Non voglio soffermarmi troppo su queste miserie umane, pur facenti parte del nostro éntourage, e pur rappresentando indegnamente quella non umanità di ipocriti e bigotte che Brassens, Brel, De André e tanti altri poeti dell'anarchia sbeffeggiavano a dovere. Povero Horst, non so quante e quante volte abbiamo riso fino alle lacrime quando il pollo stava per finire, ci siamo presi in giro, abbiamo fatto a cuscinate, ci siamo sparati la panna spray addosso, ci siamo starnutiti in faccia, schiaffeggiati, sculacciati, abbiamo danzato e ci siamo leccati e abbiamo finito sempre una litigata selvaggia, con lacrime e pennelli sbattuti sul pavimento, con un amore totale, abbiamo parlato a vanvera di cose mai fatte e cose da fare assolutamente, perché come si fa a prendersi così sul serio, la vita è un soffio diceva e voglio riprendermi tutti gli attimi rubati. Redimere Horst? impossibile, un controsenso. "Un uomo che non si rassegna è ancora recuperabile", affermava. "Non volevo una educatrice, ma una donna vera, di carne, di sangue, di passione, un po' folle e divertente come sei tu. Hanno passato tutto il tempo a cercare di svitarmi la testa e di sostituirmela, ma non ci sono mai riusciti, mi sono fatto quasi ammazzare ma non gliel'ho data vinta, ora desidero solo un po' di pace fra le tue braccia". Si discuteva molto. Gli facevo notare che le rapine sono un azzardo eccessivo, che il gioco non vale la candela, piuttosto brucia i soldi, vivi gratis, oppure studiamo modi per guadagnare facendo qualcosa di creativo e di divertente. D'accordo, le banche fanno schifo, ma se rapini una banca quei soldi li devi per forza rimettere in circolo, e poi, cazzo, non ci pensi alle persone che ti hanno sostenuto?... Forse voleva riprendersi quell'ultimo maltolto, ma non si può sanare una ferita di quarant'anni con un fisico minato, con una gamba zoppicante... senza rischiare la pelle! Lo Stato dei ladroni che ci deruba ogni giorno l'esistenza non perdona i ladruncoli che raccolgono le briciole, non ha mai perdonato i ribelli che hanno tentato di ribaltare il tavolo, così lo rinchiusero dentro per l'ennesima volta e proprio sotto le  feste di Natale. Lì per lì ero veramente incazzata, l'avrei preso a schiaffi, ma quando mi telefonò il direttore del carcere per dirmi che era morto la sera di Natale, mi crollò il mondo addosso. Gli dicevo: "Scriverò un romanzo su di te, e lo chiamerò il bandito dai capezzoli rosa, te lo giuro è una cosa solenne, non so se troverò un editore che me lo pubblica, ma su questo titolo vai tranquillo, fa parte di una trilogia assurda che comprende anche cose molto peggiori", ricordo che ne rise tanto, tantissimo, fino a farsi venire il singhiozzo, voglio che rimanga solo questa sua risata bellissima, esplosiva, caustica, psichedelica, che rompeva i muri e arrivava fino alle nuvole, voglio ricordarlo con questa luce negli occhi, che vivrà per sempre, perché un uomo così non può morire, non morirà mai.



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