venerdì 24 maggio 2013

Horst Fantazzini a Gorizia

Sul cartellone di «èStoria» (il Festival internazionale della storia di Gorizia, che giunge quest'anno alla sua nona edizione; pagato con i soldi pubblici, anche si dice che manchino) c'è la parola «banditi». È di loro, dei fuori e dei senza legge, che gli storici convenuti a Gorizia da mezzo mondo dibatteranno per tutto il weekend, dal 24 al 26 maggio. Ai banditi gli storici non hanno mai prestato grande attenzione: Robin Hood, se anche fosse un personaggio storico, e non lo è, continuerebbe a essere pane per autori di feuilleton storici e non materiale storico, per sua natura più nobile. Metà giornalista, metà romanziere, Alexandre Dumas père fu autore d'un Robin Hood e s'occupò anche di camorra subito dopo l'Unità italiana, quando diresse a Napoli un foglio garibaldino, L'indipendente (La camorra e altre storie di briganti, Donzelli 2013, pp. 319, 30,00 euro).A parte il marxista inglese Eric Hobsbwam, l'autore del Secolo breve, che, ai fuorilegge, dedicò una raccolta di saggi, I banditi. Il banditismo sociale nell'età moderna, Einaudi 2002, pp. 224, 18,00 euro, è raro che gli storici si occupino dei criminali e delle loro imprese. Di banditi parlano in prevalenza sociologi e giornalisti, i primi con freddezza da entomologi, i secondi per esaltarne le imprese o per biasimarne i costumi (dipende dall'occasione, dalla temperie culturale). Oggi molti storici di professione si occupano tuttavia di mafie, e, in particolare, di mafia siciliana, che in Occidente figura, credo a buon titolo, come la madre di tutte le organizzazioni criminali. Gli storici hanno scritto libri importanti sulle mafie, per esempio Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana e Onorate società, due libri dello storico inglese John Dickie (pubblicati entrambi da Laterza, 2005 e 2011) di cui consiglio a tutti la lettura (sono pieni di fatti, poche le prediche, e per di più sono scritti bene).Ma per capire lo spirito della mafia siciliana, e per apprezzarne inoltre l'inquietante dimensione politica, resta insostituibile la lettura del Giorno della civetta di Leonardo Sciascia e la visione del Padrino di Francis Ford Coppola, film che merita di figurare nelle bibliografie dei manuali di storia delle dottrine politiche, a fianco del Principe di Machiavelli. A Gorizia, nei prossimi tre giorni, parleranno David Abulafia e Alessandro Barbero, Giorgio Dell'Arti e Alan Knight, Edward Luttwak e Alessandro Marzo Magno. Cioè storici e giornalisti, persino qualche romanziere. Niente banditi, però. Consiglio, a chi voglia ascoltare anche le loro opinioni in tema di banditismo, i titoli che escono nelle edizioni il Milieu di Milano: biografie e autobiografie di banditi, Horst Fantazzini, Francis Turatello, il rapinatore sardomeneghino Ezio Barbieri, il terrorista Cecco Bellosi. Sono libri seri e, a loro modo, preziosi, che restituiscono al banditismo una dimensione, non diciamo umana (è impossibile) ma per dir così «prespettacolare»: la dimensione che avevano un tempo nelle pagine di cronaca nera, prima che l'ideologia facesse della cronaca nera (è poi di questo che si occupano il Fatto e Micromega, mica di filosofia morale) una passerella di vanità giornalistiche.Immagino che a Gorizia, da domani a domenica, si daranno esempi di tutte le possibili letture del fenomeno: banditi come casi clinici, banditi per caso, banditi per colpa, ma anche banditi come icone di libertà. C'è infatti il sogno e l'incubo di un'altra vita nelle imprese del milieu, nei «colpi», nel rififì.

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