- ore 14,00 – Il direttore Brunetti, il sostituto procuratore De Marinis e gli onorevoli Cioce e Scamarcio della Commissione Giustizia del Senato, vengono per parlamentare con noi. Gli si fa presente la situazione dell’appuntato (ferito) Telesca, gli si ribadiscono i termini politici dell’operazione in corso e le condizioni per il rilascio delle guardie. Questi danno ampia assicurazione sul fatto che non ci sarà una soluzione di forza, ma si arriverà ad un epilogo basato sulle trattative. Mentre in realtà come Scamarcio stesso dichiarerà su Lotta Continua del 3.1.1981, era già stato deciso diversamente. L’obiettivo del MGG era quello di prendere tempo in modo da disporre le manovre politiche e i mezzi tecnici necessari all’attuazione dell’intervento dei GIS (Gruppi di Intervento Speciale dei Carabinieri). L’occupazione militare del kampo da parte del CdL, rappresentava un grosso successo per il movimento dei PP ed uno smacco per il nemico il quale, inizialmente, era rimasto disorientato e spiazzato politicamente e militarmente. Ciò lo costringeva a tentare di recuperare una parte della credibilità perduta mediante un’avventura militare i cui esiti erano del tutto incerti e imprevedibili. Se questa avventura non si è trasformata in un massacro senza precedenti, non è certo dovuto all’efficienza e alla preparazione militare dei GIS e di chi aveva fatto la scelta politica di utilizzarli, ma esclusivamente all’intelligenza politica e al comportamento del CdL e dei PP, che pur subendo l’offensiva del nemico, hanno sempre saputo mantenere saldamente il controllo della situazione.
- ore 16,20 – GIS, CC, AdC attaccano simultaneamente dall’alto (elicotteri) e dal basso, fregandosene della vita degli ostaggi. Il primo attacco alla rotonda del piano terra viene respinto dal lancio di una molotov e di una bomba al plastico. I mercenari attaccanti volano per aria. Apprendiamo in seguito che più di 20 resteranno feriti. A questo punto, davanti al cancello della rampa che immette sulla rotonda, vengono portati da noi due ostaggi, allo scopo di ricordare al nemico che non avremmo permesso un massacro senza adeguata rappresaglia. Nel frattempo i GIS sono calati sul tetto del carcere dagli elicotteri, mentre un elicottero copriva l’operazione sparando sui finestroni della rotonda del primo e secondo piano, in modo da impedire il presidio da parte dei proletari prig. armati di bombe. Nelle rampe delle scale, inoltre, vengono fatte esplodere una serie di saponette di esplosivo davanti ai finestroni, di cui una davanti alla finestra della stanza del telefono dove la Direzione pensava fossero riuniti i responsabili del C.d.L.
Nel frattempo si decide di convogliare tutte le guardie prigioniere in un braccio del primo piano: l’irruzione dei CC sulla rotonda del primo piano interrompe questa operazione e divide le forze degli occupanti del kampo. Il nemico, dai cancelli delle tre scale, spazza con raffiche di mitra, colpi di fucile a pompa, bombe a mano SRCM, saponette al plastico, le rotonde del primo piano e del secondo e lo specchio dei corridoi; in tal modo i prolet. prig. ed i compagni sono costretti a ritirarsi, divisi in quattro tronconi, nelle celle delle quattro sezioni, portando con loro le guardie prigioniere. Nel corso di questa operazione vengono colpiti alcuni prolet.prig. di striscio alla testa ed in pieno in vari punti del corpo. Anche una guardia prigioniera, in divisa, viene colpita all’addome da un colpo di mitra. Mentre procede l’avanzata dei mercenari di Stato, di fronte alle minacce di rappresaglia sulle guardie prigioniere lanciate da alcuni prolet. prig., la risposta dei CC è chiara: “Abbiamo carta bianca, possiamo ammazzarvi tutti, guardie comprese”. In effetti questa affermazione viene avvalorata da numerosissime raffiche sparate ad altezza d’uomo e da un nutrito lancio di bombe a mano. Dopo essersi impossessati anche dei corridoi delle sezioni, i CC cominciano ad aprire le celle e a rastrellare con le armi spianate i prolet. prig. e le guardie in ostaggio, sparando raffiche nelle celle non solo a scopo terroristico.
Scatta la rappresaglia del nemico: ad ogni singola cella, uno alla volta, i prigionieri vengono fatti scendere dalle sezioni fino ai cortili attraverso un imponente schieramento dei CC e Agenti di Custodia che con calci, canne dei fucili e dei mitra, spranghe di ferro, bastoni e manganelli, iniziano un pestaggio a sangue sui prigionieri. Il massacro è violentissimo e nei cortili dei passeggi saranno in pochissimi a reggersi in piedi alla fine del pestaggio. Moltissimi presentano ferite lacero-contuse alla testa e in varie parti del corpo, denti rotti, labbra spaccate, mani fracassate, costole rotte o incrinate ed un enorme numero di ematomi su tutto il corpo. Il pestaggio, oltre ad essere furioso ed interessare tutti i prigionieri, è anche selettivo, nel senso che all’uscita dalla sezione e all’ingresso dell’aria, vengono identificate secondo una lista nominale, provvista di fotografia, dai CC e dai brigadieri degli A.d.C. che danno indicazioni sul “trattamento differenziato” da applicare a quelli compresi nella lista. Così i compagni ed i proletari più combattivi identificati nel corso della lotta come dirigenti, vengono minacciati di morte e massacrati con particolare ferocia ed accanimento.
“Appoggiamo incondizionatamente il programma e gli obiettivi che gli organismi di massa dentro le carceri si sono dati. Ad essi non accordiamo una generica ed inutile solidarietà a parole, ma continueremo su questo terreno l’attacco allo Stato Imperialista, perchè si rafforzi e consolidi il potere proletario armato nelle carceri e gli obiettivi del suo programma vengano raggiunti.
La lotta dei prolet. prig., il programma dei C.d.L. come avevamo già affermato, ci riguardano direttamente e riguardano anche il boia D’Urso. Siamo perfettamente d’accordo con i proletari di Trani quando dicono che D’Urso è anche loro prigioniero. Per quanto ci riguarda abbiamo già emesso un giudizio, secondo i criteri della giustizia proletaria ed esso corrisponde sicuramente a quanto ogni proletario ha già decretato.
La condanna a morte di D’Urso è sicuramente giusta, ma l’opportunità di eseguirla o sospenderla deve essere valutato politicamente. Questo spetta, oltre che alle B.R., esclusivamente agli O.M.R. (Organismi di Massa Rivoluzionari) dentro le carceri. Ad essi solo spetta valutare gli obiettivi già raggiunti dalla battaglia fin qui condotta, ad essi la valutazione esatta dei rapporti di forza che hanno consentito una significativa avanzata nella realizzazione del programma immediato dei prolet. prig. Questa voce per decidere se eseguire o sospendere l’esecuzione di D’Urso, è l’unica che ci interessa sentire.
Vogliamo essere più espliciti: non deve essere impedito al C.d.L. di Trani e al C.U.C. (Comitato Unitario di Campo) di Palmi di esprimere integralmente, senza censurare nemmeno le virgole, le loro valutazioni politiche ed il loro giudizio.
Questo vogliamo sentirlo dai vostri strumenti radio-televisivi, leggerlo sui maggiori quotidiani italiani, così come avevano chiesto i proletari di Trani in lotta. La repressione e la chiusura nei confronti degli organismi di massa nei kampi, troverà da parte nostra la più dura e decisa opposizione e sapremo assumerci tutte le nostre responsabilità”.
Ovviamente, com’è uso di questi politicanti borghesi per ogni vicenda politica, anche questa è stata un’occasione per imbastire vari intrallazzi e colpi bassi di ogni genere, secondo il costume che caratterizza la lotta politica tra le varie consorterie del potere. Non è un caso che questa delegazione abbia usufruito a Trani di spazi di agibilità illimitati, come la possibilità di ritirare dalle nostre mani, con il benestare della direzione del kampo, il documento: “Bilancio di una settimana di lotta nel kampo di Trani”; tra l’altro, su nostra richiesta, la direzione ci aveva fornito -d’accordo col Ministero- di una macchina da scrivere per la stesura di questo documento. Mentre radicali e PSI cercavano di usare la delegazione dei parlamentari per i loro sporchi giochi, la forza del C.d.L. e l’omogeneità dei proletari riuscivano a ribaltare queste manovre e, inserendosi nelle contraddizioni del nemico, riuscivano ad operare per far uscire la loro voce e far conoscere le loro valutazioni sulla battaglia all’intero movimento rivoluzionario, con un comunicato di cui riportiamo il testo integrale:
Nei giorni successivi avviene la progressiva rottura del fronte borghese, rispetto alla pubblicazione dei comunicati del C.d.L. di Trani e del C.U.C. di Palmi. Dilaniato dalle innumerevoli contraddizioni, incapace di fare scelte risolutrici perché attaccato dalla guerriglia, incalzato dalle lotte e dalla compattezza dei prigionieri, anche il blocco del “NO” dei giornali si sgretola e molti quotidiani iniziano a pubblicare i comunicati dei due kampi. Oltre a Lotta Continua, il Manifesto, L’Avanti, Il Lavoro, la Gazzetta di Sicilia, Vita Sera, Il Giornale D’Italia, Il Messaggero, Il Secolo XIX, Il Giorno e molti altri giornali minori e locali.
L'ATTESA (a Camus)
Mi guardo intorno e vedo il vuoto,
chiamo e non mi risponde che l'eco.
Questa solitudine lacererebbe di meno se
non vi trovassi incrostati in ogni dove
risatine di scherno, tentennamenti di capo,
gesti e sguardi complici condannanti
il diverso, l'escluso, l'intruso.
No, non griderò,
non darò loro alibi
per giustificare l'assurda condotta.
Attenderò un'altro intruso, altri diversi,
tutti gli esclusi.
Quel giorno non renderemo loro
lo scherno e il disprezzo,
ma ci limiteremo a lasciarli estinguere
nel loro misero deserto intellettuale.
In solitudine, silenziosamente.
Senza eredi.
HORST FANTAZZINI - Carcere di Marsiglia, 1968
<< Io ho un carattere socievole e mi piace ridere e scherzare. Odio la volgarità, la prepotenza e l’ipocrisia. Dopo tanti anni di galera, ho acquisito la tendenza a rinchiudermi in me stesso per coltivare i miei sogni, i miei progetti, le mie speranze. Insomma, sono diventato un po’ "orso", ma appena ho a che fare con persone vive e leali, mi apro completamente. Non è facile sopravvivere in queste paludi d’opportunismo e rassegnazione riuscendo a salvaguardare la propria personalità. Ci si riesce a condizione d’ergere steccati immaginari tra se e gli altri, tra se e l’ambiente. Io credo d'essere riuscito a mantenermi integro e ci sono riuscito perché ho avuto la fortuna di vivere rapporti intensissimi con compagni e compagne che, da fuori, non mi hanno mai fatto mancare la loro amicizia, il loro affetto, il loro amore. Ci sono riuscito perché da prigioniero sono sempre stato capace di difendere alcuni spazi inviolabili quali la dignità, l’orgoglio e il rispetto di me stesso. La difesa quasi trentennale della mia integrità è stata la lotta più dura. Il resto, i fatti di cronaca, le lotte, le evasioni, sono episodi importanti ma non determinanti. >> Horst Fantazzini